Grandi interrogativi di inizio anno

Mai ‘na gioia

Non me la sento di fare prognostici per questo 2018. Mi spaventa progettare il futuro, o anche solo immaginarlo. Sarà che ci sono troppi elementi traballanti nella mia vita ultimamente, situazioni appese che durano da troppo tempo perché possano resistere incolumi anche quest’anno.  Mi aspetto la famosa resa dei conti che sembra essere lì, ad attendermi, supportata anche da previsioni astrali che mi vedono protagonista di una Waterloo astrologica. Saturno e Urano contro, quadrature di pianeti non ancora conosciuti, Giove in retromarcia. Non che abbia mai creduto alla veridicità degli oroscopi, ma sono anche una persona umile che vede attorno a sé un mondo pieno di fenomeni ben lungi dall’essere conosciuti e spiegati, e quindi chi sono io per dire che non ci sia una connessione fra stelle e destino. Di certo c’è una connessione fra Luna e maree, quindi insomma se i pianeti influenzano il mondo fisico, forse possono anche influenzare quello immateriale.

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Comunque una cosa mi ero ripromessa, di non leggere libri di letteratura russa all’inizio dell’anno, come feci l’anno scorso con Memorie dal Sottosuolo del caro Fëdor, perché la letteratura russa è una specie di maledizione, è tanto bella quanto scava a fondo e iniziare l’anno con un certo grado di profondità impone che quel grado di introspezione tu possa supportarlo durante tutto l’anno, e invece da questo punto di vista sono stata una mezza chiavica: ho perso un sacco di tempo in modo inutile, guardando serie tv improbabili, leggendo riviste femminili prive di utilità, commiserandomi per tutto quello che non funzionava come volevo io, senza fare nulla ovviamente che potesse dare una direzione precisa agli eventi.

Quindi trascinata un po’ come una barchetta spinta dalla corrente, durante il passato 2017 non ho fatto altro che ruotare attorno al perimetro di una vasca ittica da allevamento, compiendo grandi chilometri che di fatto non mi hanno portata da nessuna parte. Forse questa è la vita adulta, non lo so, ma è come se non riuscissi ad accettare questa specie di emorragia di vita che perdiamo quotidianamente lasciando trascorrere le giornate così, come vengono.

Lo trovo lacerante e forse non mi rassegnerò mai, come non riuscirò mai a rassegnarmi al fatto  di non essere nata con il talento di Jane Austen e il genio di Woody Allen.

Forse mi sto preparando a lunedì 15 gennaio che pare sia il lunedì più triste di tutto l’anno, quando ci si rende conto che mancano sei mesi alle vacanze estive e che quelle natalizie sono del tutto archiviate. Io ho passato le vacanze natalizie a letto con l’influenza della vita, ho saltato Natale, Santo Stefano, Capodanno e la Befana. Insomma il Blue Monday mi dovrebbe fare una pippa, invece riesce a deprimermi più di quanto batteri e virus abbiano già fatto.

Mai ‘na gioia, insomma. Mi consolo correggendomi la tisana con il Braulio la sera prima di andare a dormire: forse entro la fine dell’anno riesco a farmi venire la cirrosi epatica  come Bukowski. Vi aggiorno!

Buon Anno a tutti eh!

 

 

Turbolenze virali

O anche come sopravvivere a Bolzano

E alla fine dopo tutto questo parlare di emergenza influenza, è subentrata la ben nota legge di Murphy e quindi l’influenza me la sono presa io.

Badate bene, non un piccolo e leggero malanno caratterizzato da qualche linea di febbre e il sorriso felice per i giorni di assenza lavorativa, ma una specie di monsone di virus e batteri che mi hanno travolta come la corazzata Potemkin.

In sintesi ho avuto per giorni un febbrone tremendo, altissimo. Quando chiudevo gli occhi in preda al delirio febbrile mi sentivo come il bambino del Sesto Senso: vedevo la gente morta. Dopo tre giorni così, in bilico fra la vita e una dimensione parallela dove filosofeggiavo con gli Umpa Lumpa, sono tornata sul pianeta terra, quasi felice di essere invasa dalla brutalità della vita. Quindi ho accettato di buon grado i messaggi del capo che mi chiedeva quando sarei tornata in ufficio, o della collega che si preoccupava fintamente del mio benessere. Per un attimo mi sono sentita felice di vivere a Milano nel 2017 e lo spleen baudleriano che mi affligge ha lasciato spazio a un sano orgoglio patriottico per il mio corpo che è riuscito a debellare il nemico invasore. Ci sono stati dei morti sul campo di battaglia, e credo che il mio viso ci metterà mesi a tornare di un colore normale, ma posso dire di aver sconfitto il temibile virus Bolzano. Che poi vorrei capire perchè gli epidemiologi hanno chiamato così il virus dell’influenza quest’anno. Forse è un omaggio agli abitanti del Trentino Alto Adige, o forse volevano definire la tenacia del virus attribuendogli qualcosa della durezza tedesca senza sconfinare nel nazifascismo.

Comunque sono qui, ho ancora la capacità di scrivere, quindi tutto sommato nulla è perduto. Anzi, ho avuto anche modo di terminare Memorie dal Sottosuolo e mi appresto quindi a dirvi la mia. Ovviamente mi è piaciuto tantissimo, non avevo grossi dubbi al riguardo, Fedor è una pietra miliare, una specie di colosso con cui tutti prima o poi dobbiamo fare a patti. Noi lettori intendo, perché non credo che tutta l’umanità incappi in Fedor nella sua vita, cosa che a tutti gli effetti trovo sia un gran peccato. Dicevo comunque che il libro mi è molto piaciuto, l’ho trovato una sorta di summa filosofica dei temi che verranno poi affrontati nei suoi libri postumi. In alcuni passaggi è assolutamente geniale, in altri perturbante, il protagonista è fastidioso, una “persona cattiva”, come si definisce lui. Da qui si snoda la trama, che è molto scarna in realtà, la prima parte è un soliloquio del protagonista, che si rivolge a un ipotetico lettore fantasma, la seconda si costruisce attorno a un paio di avvenimenti iconici che hanno caratterizzato e l’influenzato la vita del protagonista stesso, un abitante del sottosuolo.

Lo consiglio come lettura, anzitutto non è troppo lungo, inoltre non ha tutti quei nomi russi delle opere classiche di Dovstoevskij che ti mandano ai pazzi, perchè al terzo Pietr Ivanovic o alla quarta Maria Fedorovna hai già perso di vista di chi si sta parlando. Quindi per chi volesse approcciarsi al magico mondo russo del simpatico e travagliato Federico, è un buon inizio!

Io ora che sono uscita dal mio sottosuolo batteriologico, mi dedicherò invece alla lettura di un’altra opera mostro della letteratura, ovvero David Copperfield.

Ho sempre amato le storie di Dickens, mi fanno sentire rassicurata, è una lettura che procede strutturata, che lenisce il turbamento perchè nonno Dickens è sempre accanto a te. Quindi dopo tutto questo inizio d’anno turbolento era giusto spalmare un po’ di balsamo british alle mie ferite russe. Se qualcuno di voi, o lettori, l’ha letto, si faccia avanti e non lesini nei commenti!

Anche voi, lettori cinesi, che so che ci siete, fatevi avanti, senza vergogne. (si ho scoperto di avere una pletora di visitatori cinesi, che probabilmente arrivano sul mio blog scrivendo turpi oscenità su google. Misschorri sarà senz’altro qualche parte anatomica femminile e/o animale!).

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