Ci ho messo una settimana a riprendermi dallo shock per la fine delle vacanze e il mio rientro in ufficio. Ho avuto una sequela di sintomi che non ve li racconto, culminati con umori ballerini e voglia repentina di cambiare vita/lavoro/città, se possibile in un’unica formula.
Mentre preda della più cupa disperazione tentavo di affrontare la situazione appellandomi a tutta la farmacologia da banco disponibile, Il CorrieredellaSera.it, mio compagno delle giornate più nere, è venuto in soccorso pubblicando giusto pochi giorni fa una lista delle cose da fare per non incappare nella depressione post rientro.
La lista, sulla quale non avevo grandi aspettative, si è rivelata abbastanza inutile. Aveva uno stile che si collocava a metà fra i consigli della nonna e quelli di Luciano Onder. In alcuni punti il tono si faceva così aziendalista da farmi temere che questa sequela di consigli fossero in realtà redatti da qualche multinazionale cattiva e un po’ inquietante, come la Monsanto o la Bayer.
Di tutti i consigli poco efficaci presentati, tipo dormi otto ore, ricordati di essere sempre grato di quello che hai, abbraccia i tuoi colleghi e sorridi alla vita, ce n’era uno che mi è sembrato l’unico salvabile e che ho pensato di applicare alla mia situazione, anche con un certo entusiasmo.
Sembra infatti che il rientro sia più dolce, se si mantengono vive le abitudini che ci hanno fatto bene in vacanza e che tendiamo ad accantonare una volta rientrati alla quotidianità. Anche questo a dire il vero sembra un consiglio alla Paolo Crepet, però ho voluto dargli una chance e ho quindi pensato di progettare il primo week-end di rientro dalle vacanze con attività e gite che sarebbero culminate con la visione della mostra Klimt Experience che c’è al Mudec di Milano.
Non so che cosa sia esattamente questa Klimt Experience, ma pare sia una sorta di mostra interattiva-immersiva con i quadri proiettati sui soffitti, buio e musica di accompagnamento. Una cosa bella, da fare, per chi come me adora la Secessione Viennese.
Ho quindi acquistato il biglietto in prevendita, garantendo a me e al Regista un’entrata snella e priva di coda. Peccato che il destino baro alla mostra non ci abbia fatto arrivare, nonostante i trenta euro non rimborsabili della prevendita avrebbero convinto anche nostro Signore della bontà di non farci mancare all’evento.
Una congestione fulminante ha costretto il Regista al divano, rantolante e con un colorito ceruleo da rigor mortis. La colpa è stata ovviamente sua, visto che con una parmigiana di melanzane sullo stomaco, un tiramisù e svariati biscottini, ha deciso di portare il cane a passeggio in canottiera, incurante del calo di temperatura portataci dal sempre benvoluto ciclone Poppea.
Depressa, arrabbiata e con poca voglia di occuparmi del consorte, mi sono trovata a girovagare sotto casa come un’anima in pena cercando di ritrovare il senso perduto della mia domenica. Purtroppo non l’ho trovato, sono solo incappata nel Bricocenter del quartiere, un posto orribile, la patria del bricolage per i depressi, dove ebbra di disperazione ho acquistato una scopa, dei sacchi per la spazzatura e dei panni in microfibra per la casa, che si sa, se ne ha sempre bisogno.
Non so che cosa avrebbe pensato l’autore dell’articolo sul Corriere del mio tentativo fallito di nobilitare la prima domenica di rientro dalle vacanze.
Io so solo che a quella lista inutile di consigli, mancava quello più importante di tutti: copritevi lo stomaco e evitate i Bricocenter.
Il solito perfetto mix di humour e intelligenza. Ottimo antidoto alla sindrome da rientro. Brava!
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Avrei voluto offrire di più a questo rientro, scoprendo tecniche infallibili contro lo sconforto cosmico, ma non ce l’ho fatta. Mi sono dovuta accontentare!
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