I quarantanove racconti

Chissà perché non cinquanta, caro Hemingway

Recensire una raccolta di racconti, è molto difficile. Soprattutto quando i racconti sono quarantanove, e non due o tre. A questa difficoltà primigenia si aggiunge anche il fatto che io non sopporto le recensioni dei libri, o almeno non quelle che riportano i riassunti delle trame, infarcite di  citazioni tratte da interi blocchi di testo, chiuse da qualche giudizio estetico sulla bontà del leggere il tal libro. Non le sopporto, mi fanno venire l’orticaria. Quindi non le leggo. Mi piacciono però quelle che al bando tutto questo stile da quarta di copertina tentano di spiegarti cosa c’è dietro quel libro. Cosa si trova al di là dell’ovvio, aprendoti un piccolo spiraglio su ciò che si trova sotto la punta dell’iceberg. Infusa da questa sacra missione, oggi mi cimenterò nella titanica impresa di illustrare quello che ho intravisto io nei quarantanove racconti di Hemingway. Lo faccio, visto che sono una furbetta, scomodando quel sacro mostro di Louis Ferdinand Celine. Perché direte voi? Perché trovo che entrambi abbiano dei tratti di assonanza, in prima istanza sono nati entrambi nello stesso periodo, Hemingway nel 1899 e Celine nel 1894, entrambi si sono trovati al fronte durante una guerra mondiale e entrambi hanno parlato della vita come io trovo nessuno abbia mai fatto.

Quando lessi Viaggio al Termine della Notte, sei anni fa circa, ero al mare con il Regista, che ai tempi era una new entry della mia vita sentimentale. Iniziai il libro convinta che non sarei riuscita ad andare oltre le venti pagine, e invece, dopo aver superato le prime difficoltà, mi trovai di fronte a qualcosa che non avevo mai visto, del materiale incandescente che mi rapì in una sindrome di Stendhal epica. Il Regista, che si immaginava vacanze scoppiettanti con la sua nuova fiamma, si ritrovò con una nerd con librone appresso che non faceva altro che leggere ed ignorarlo. Immaginate il dramma. Comunque quell’estasi di rapimento avvenne perché lì, su quelle pagine, io ci avevo trovato la vita. Quella vera, miserevole, fatta di sofferenze, di vuoti, di gente povera e disperata, descritta in un modo che ti colpiva come un pugno allo stomaco. Tutt’ora se qualcuno mi chiede qual è uno dei libri per me più significativi, rispondo Viaggio al Termine della Notte. Tornando però ad Hemingway, perché è di lui che volevo parlare, direi che lì fra le pagine di questi quarantanove racconti, l’ho intravista di nuovo la vita.

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Un’altra faccia del vivere, quello dell’adrenalina, delle battute di caccia, della boxe, delle corride, dell’alcool, delle corse di cavalli  e della guerra. Un altro modo di vedere e sentire il mondo, meno ostile di quello di Celine e più da esperire, nonostante la violenza e la durezza dell’esperienza umana. Il tutto descritto con una prosa asciutta, intensa, che non si perde in inutili fronzoli e arriva dritto al cuore di chi legge. Il punto di vista è perlopiù maschile, tutti i personaggi infatti sono uomini, e questo dona un’impostazione alla narrazione piuttosto caratterizzata. Considerato che la mia vita è quanto di più lontano si possa immaginare dall’avventuroso,  la lettura è stata un viaggio straordinario e poter immaginarmi in Africa mentre in realtà avevo l’ascella del vicino in metro che mi molestava, è stato in questo mese una possibilità di astrazione molto importante per la sottoscritta.

Non tutti i racconti sono significativi allo stesso modo, ma tutti lo sono se si considerano le piccole perle letterarie o di contenuto che hanno in sé. Ero perplessa sul fatto che potessi interessarmi alla boxe, o alla pesca, o alle corride, ma mi sono dovuta ricredere. Ora mi sento preparata su argomenti di cui prima ignoravo l’esistenza, oltre ad aver potuto studiare ancora più nel dettaglio la struttura narrativa del racconto, attività in cui ogni tanto, quando Saturno entra in quadratura con Plutone retroattivo a Venere, mi cimento. Non vi elencherò i racconti che mi sono piaciuti di più perché fa un po’ lista della spesa e poi comunque qualora vi venga voglia di leggerli è bello avere l’effetto sorpresa.

Mi sono resa conto di aver dato un’impronta molto seria alle cose che ho detto, ma non me la sentivo di prendere in giro Hemingway con le mie solite scemenze. Mi sarei giocata quel poco di karma intonso che mi è rimasto e questo forse avrebbe precluso le mie già scarse possibilità di pubblicare un giorno sulla Gazzetta di Bitonto qualcosa proveniente dalla mia penna.

Ora invece questa possibilità è ancora aperta: come insegna Berlusconi mai chiudere definitivamente la partita.

6 pensieri riguardo “I quarantanove racconti”

  1. Inutile dire che ora li devo leggere entrambi!
    Viaggio al termine della notte sono due anni che voglio e devo leggerlo, ma rimando, essendo molto emotiva non so cosa aspettarmi, me lo immagino come uno di quei libri che ti danno un sacco da pensare e rimuginare… Ricordo quando lessi i miserabili dovetti fare pausa libro per mesi interi, mi aveva angosciato, sono fatta così! Alla fine mi butto sempre su cose più leggere.

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    1. Anche io sono soggetta all’invasione emotiva dei libri che leggo. E infatti molto spesso alterno scrittori e contenuti proprio per evitare l’effetto: ok adesso mi uccido. Però Viaggio al Termine della Notte merita, bisogna trovare il momento giusto, tipo non magari se vai in vacanza come ho fatto io, ma sicuramente è un Indispensabile.

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  2. Viaggio al termine della notte credo che adesso sia il mio libro preferito, anche se stamattina pensavo che fosse Le ceneri di Angela. Su Céline potrei dire esattamente le stesse cose che hai detto tu, e fai venire voglia di rileggerlo. Mentre con Hemingway sono fermo alle due palle così de Il vecchio e il mare e dubito di concedergli altre possibilità, anche se tra un po’ me ne torno in Sardegna e a casa dovrei avere un’edizione vecchissima de I quarantanove racconti, una di quelle che quando la apri cascano le pagine e i pesciolini d’argento, insomma, forse potrei prenderlo in mano giusto per nostalgia. Il tuo povero Regista, se hai ancora il numero, magari lo mettiamo in contatto con la mia cara ex fidanzata Lauretta che io ero povero e lei no ed era appena uscito Colla di Welsh e non avevo soldi per comprarlo e me l’ero fatto regalare da lei… e poi avevo finto di stare male per rimanere a casa a leggerlo. Era il 2002, mi pare, a proposito di nostalgia.
    Poi: sapevi che Céline e Hemingway sono morti a un giorno di distanza?

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    1. No, non sapevo che fossero morti a un giorno di distanza! Questo valida la mia teoria dell’assonanza fra i due. Comunque se volessi dare una rispolverata ai pesciolini, ti consiglierei di dare una chance a La breve vita di Francis Macomber, Le Nevi del Kilimangiaro. Due racconti che secondo me meritano. Comunque il Regista ha passato alla prova e non si sa come è ancora il mio compagno dopo sei anni. La Lauretta non ha retto a Colla?

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      1. Ah, povero, non sapevo!
        No, la Lauretta non ha retto, e Porno me lo sono dovuto comprare con i soldi miei. Ma tanto avevo iniziato a fare il portapizze, l’amore non è che fosse poi così importante.

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      2. Si il fatto che il Regista sia ancora al mio fianco è da annoverarsi fra i misteri italiani. Se la gioca con Ustica. Chissà se invece Lauretta si è mai ripresa, o ogni volta che sente la parola Colla ha delle crisi d’identità!

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